La diagnosi di cancro è stata lo spartiacque tra una vita tranquilla e un nuovo punto di partenza. Mi sono resa conto che il mio mondo quasi perfetto, almeno così lo percepivo, mi stava crollando addosso. In metropolitana mi sorprendevo a guardare le altre donne chiedendomi perché io, perché proprio a me… e subito mi vergognavo di questi pensieri. Non dimentico ciò che ho vissuto, ma ne ho colto il lato positivo: ho avuto la possibilità di fare un viaggio dentro me stessa.
TULLIA - 53 anni, diagnosi a 48
Sono sempre stata una persona molto timida che usava lo sport per reagire. Ho praticato il softball con ottimi risultati, giocando per anni nella nazionale italiana. Avevo fiducia nel mio fisico e nella mia costituzione, mi ritenevo indistruttibile, perciò ho vissuto la notizia del cancro come un tradimento. Ho fatto le cure post operatorie e sono tornata alla vita di sempre con due cicatrici, una sul seno destro e una, più profonda, nel mio subconscio. Non voglio pensare al mio futuro, vivo il presente e continuo a fare gli sport che amo.
ELISABETTA - 60 anni, diagnosi a 48
Per dare un senso al tumore ho dato vita, con una cara amica, ad un progetto fotografico di nome Terra Ferita, perché a Brescia, dove vivo, c’è una stretta relazione tra inquinamento e tumori. Il mio sogno è di raccogliere fondi per bonificare un’area di Brescia da destinare alle attività sportive per i malati. Curare l’alimentazione e fare attività fisica mi ha aiutato, un aspetto che negli ospedali non si segue abbastanza, a volte i medici non vanno oltre i loro rigidi protocolli. Non voglio più essere spettatrice della mia vita, ma artefice.
FEDERICA - 35 anni, diagnosi a 32
“Hai preso una gomitata? Una pallonata? Una botta?”. “No” risposi. Non poteva essere, ero troppo giovane, Perché proprio a me? Una domanda che non ti aiuta a stare meglio, allora la trasformi in un'altra: e adesso cosa faccio? Dopo l'operazione ho compreso il vero valore della famiglia e della parola amicizia. Quando riguardo le vecchie foto, in cui appaio così sicura di me, con i capelli lunghi e curati, capisco che quella finta forza era la mia più grande fragilità. La malattia mi ha smascherato, mettendo a nudo la vera me. Così ho cominciato il viaggio più duro, ma anche il più gratificante, quello dentro me stessa.
DANIELA T. - 35 anni, diagnosi a 32
Ero solo una bambina di tre anni la prima volta che il cancro è entrato nella mia vita. A mia mamma avevano dato pochi mesi, ma oggi io ho trentaquattro anni e lei, per fortuna, ha stravolto ogni pronostico. Mi ha cresciuta e mi ha vista prendere la laurea in medicina ma poi, la stessa malattia che l’aveva colpita, l’ha vista capitare a me. Avevo ventotto anni, sono la terza generazione che si ammala. Il giorno prima del mio matrimonio ho saputo che il cancro era tornato. Ma quel giorno volevo essere felice e così è stato. Dopo una lunga chemioterapia e diversi interventi la malattia se n’è andata, ma la paura resta sempre.
SILVIA B. - 33 anni, diagnosi a 28
Durante un controllo di routine, ho scoperto il tumore. Mi ero preparata alla perdita dei capelli comprando una parrucca, ho provato a indossarla ma le caldane, dovute alla menopausa indotta, non ci andavano d’accordo... Mi viene ancora da sorridere quando ripenso che in ufficio, a ogni vampata di calore, facevo prendere aria alla testa sollevandola un po’. L’ho rimessa nell’armadio sostituendola con pashmine colorate. Poi è arrivato il mio piccolo miracolo, Matteo, che oggi ha tre anni.
DANIELA B. - 36 anni, diagnosi a 26
Che fosse un tumore maligno mi è stato comunicato con poco tatto. Si trattava di un tipo molto aggressivo, con un’alta percentuale di recidiva così ho dovuto sottopormi al protocollo più pesante. Non volevo perdere i capelli perché mi avrebbe mostrata malata agli occhi degli altri. Senza capelli, ciglia e sopracciglia perdi la tua identità, non ti riconosci. Mia figlia aspettava il secondo bambino e non potevo lasciarmi andare. Ho capito che non siamo eterni, ora mi sento una persona più libera.
LAURA - 56 anni, diagnosi a 50
Sono finito sui giornali perché il tumore al seno negli uomini è raro e perché volevo rendere pubblica la mia storia per poter aiutare gli altri. Quando ho ricevuto la diagnosi la mia azienda mi ha tutelato, appoggiando anche la decisione di essere intervistato. Mi ha colpito il numero di persone che in seguito mi hanno scritto, sorprese di come fossi stato aiutato sul lavoro. Al contrario molti di loro dovevano addirittura nascondere quanto gli stava succedendo per timore di perdere il posto. Una vera ingiustizia. In ufficio abbiamo tante persone giovani che sottovalutano quanto sia importante avere uno stile di vita corretto e fare prevenzione con regolarità, la mia sfida è cercare di farglielo capire.
LUCA COLOMBO 47 anni, diagnosi a 41
Ho un ricordo lontano di com’ero prima della malattia: insicura, fragile e totalmente dipendente dal mio compagno e dagli affetti in genere. Il mio “T-Rex”, come lo chiamo io, era subdolo e ben nascosto, mi sono accorta da sola che qualcosa non funzionava. La prima volta che mi vidi sbendata pensai subito al quadro Donna in poltrona di Picasso. Non vivrò mai più nel passato, vivrò il mio presente con tutto l’amore che posso.
CHIARA - 44 anni, diagnosi a 37
Mi sentivo spesso sopraffatta dallo scorrere troppo rapido del tempo, dall'ansia, dalla paura e dalle aspettative mie e di chi avevo intorno. Ero un bersaglio facile per un male subdolo come il cancro. Dopo l’operazione, in un misto di incredulità e determinazione, ho iniziato a vivere dentro a una bolla. In questa dimensione mi sono riavvicinata a Dio. Sono infinitamente grata anche all’amore del mio cane Ciok, da tredici anni al mio fianco, che mi ha dimostrato cosa sia la pazienza e la comprensione, ogni volta che non avevo forza sufficiente per portarlo fuori o giocare con lui. Ho imparato a chiedere aiuto.