Una sera mentre mi sfioro il seno sento qualcosa e mi viene un brivido. Avevo fatto i controlli ed era tutto a posto, ma preferisco non lasciar perdere e procedo con gli accertamenti. Quando mi viene data la sentenza, dentro di me urlo: non voglio morire, ma la mia faccia è di marmo. Nessuna familiarità e vita sana, una figlia allattata nove mesi, e periodici controlli per prevenzione mi avevano illusa di essere dietro a uno scudo. Poi conosco un movimento che promuove il canottaggio tra le operate di tumore al seno: le Pink Amazons, sono salita in barca e non sono più scesa.
ANTONELLA B. - 57 anni, diagnosi a 46
Sono sempre stata una persona molto timida che usava lo sport per reagire. Ho praticato il softball con ottimi risultati, giocando per anni nella nazionale italiana. Avevo fiducia nel mio fisico e nella mia costituzione, mi ritenevo indistruttibile, perciò ho vissuto la notizia del cancro come un tradimento. Ho fatto le cure post operatorie e sono tornata alla vita di sempre con due cicatrici, una sul seno destro e una, più profonda, nel mio subconscio. Non voglio pensare al mio futuro, vivo il presente e continuo a fare gli sport che amo.
ELISABETTA - 60 anni, diagnosi a 48
Quando mi sono accorta di quella pallina non mi sono preoccupata troppo perché pensavo che, avendo allattato due bambini, non potesse capitare a me. Oltretutto ci era appena passata mia sorella: chi avrebbe avuto il coraggio di dirlo ai nostri genitori? Prima di proteggere noi stessi cerchiamo di proteggere chi ci sta accanto. Purtroppo invece gli esami, impietosi, hanno rivelato un tumore di quattro centimetri. Sono una persona molto riservata e mi stupisco della mia forza. Voglio veder crescere i miei bambini. La malattia mi sta insegnando che non c’è solo il tempo di fare, ma anche quello di sorridere.
CLARA - 38 anni, diagnosi a 38
Ero solo una bambina di tre anni la prima volta che il cancro è entrato nella mia vita. A mia mamma avevano dato pochi mesi, ma oggi io ho trentaquattro anni e lei, per fortuna, ha stravolto ogni pronostico. Mi ha cresciuta e mi ha vista prendere la laurea in medicina ma poi, la stessa malattia che l’aveva colpita, l’ha vista capitare a me. Avevo ventotto anni, sono la terza generazione che si ammala. Il giorno prima del mio matrimonio ho saputo che il cancro era tornato. Ma quel giorno volevo essere felice e così è stato. Dopo una lunga chemioterapia e diversi interventi la malattia se n’è andata, ma la paura resta sempre.
SILVIA B. - 33 anni, diagnosi a 28
Mi sentivo spesso sopraffatta dallo scorrere troppo rapido del tempo, dall'ansia, dalla paura e dalle aspettative mie e di chi avevo intorno. Ero un bersaglio facile per un male subdolo come il cancro. Dopo l’operazione, in un misto di incredulità e determinazione, ho iniziato a vivere dentro a una bolla. In questa dimensione mi sono riavvicinata a Dio. Sono infinitamente grata anche all’amore del mio cane Ciok, da tredici anni al mio fianco, che mi ha dimostrato cosa sia la pazienza e la comprensione, ogni volta che non avevo forza sufficiente per portarlo fuori o giocare con lui. Ho imparato a chiedere aiuto.
ALESSANDRA T. - 32 anni, diagnosi a 31
Al settimo mese di gravidanza mi sono accorta di avere un nodulo e un controllo ha evidenziato che si trattava di un tumore. Non avevo tempo da perdere, in quel periodo vivevo in Sardegna e volevo tornare a Milano per ulteriori accertamenti, ma c’era il rischio che non mi facessero salire in aereo. Alla 35esima settimana mi hanno fatto partorire per iniziare le cure, ero molto preoccupata per mio figlio, ma per fortuna era già grandino e quando è nato stava bene. Mi è dispiaciuto molto non poterlo allattare. Non ho avuto modo di realizzare quanto è successo, la mia vita è scandita dai ritmi del mio bimbo. È una gioia che mi riempie la vita e che non mi dà il tempo di pensare ad altro.
BEATRICE - 29 anni, diagnosi a 29
Sono morta e risorta almeno quattro volte. Noi esseri umani viviamo in modo schizofrenico: sempre proiettati nel futuro, ci tiriamo dietro il peso del passato e facciamo fatica ad abitare il presente. Mi sono resa conto che avrei potuto cogliere il senso trascendente di questa vicenda solo alla fine della mia esistenza. Mi sono data come obiettivo di venirne fuori per testimoniare che si può sopravvivere al cancro e per diffondere la cultura della prevenzione e del benessere.
ALLEGRA - 51 anni, diagnosi a 47
Aggiustandomi il costume al mare ho sentito un nodulo, anche se due mesi prima un controllo di routine non aveva rivelato nulla. Nel giro di due settimane ero in sala operatoria. Dopo l’intrevento il medico mi ha consigliato di abbandonare i controlli perché secondo lui non si poteva fare più nulla. È stato uno shock. Questo episodio mi ha rubato anni di vita, avevo due bambini piccoli e non porevo lasciarmi andare. Ho deciso di disubbidire e di fare quello che credevo fosse meglio per me. Non mi sono mai chiesta perché sia successo proprio a me… è successo e basta.
GRAZIA - 56 anni, diagnosi a 41
Al momento di fare l’agoaspirato mi avevano detto che non ci sarebbe stata anestesia, mi sono spaventata e non ho fatto l’esame. Poi mi sono fatta coraggio e sono andata in un altro ospedale dove sono stata trattata in modo più umano, anche se il risultato mi è stato dato in modo brusco. Ho comprato una parrucca con i capelli rossi lisci e scalati, volevo giocare e affrontare con naturalezza quella brutta esperienza. Purtroppo ho una recidiva, con metastasi alle ossa, alla colonna vertebrale e al fegato: dovrò ricominciare le cure da capo. Vi sembrerà strano, ma ora apprezzo di più la vita.
KATIA - 54 anni, diagnosi a 42
Sono moldava e per metà ebrea. Nel mio Paese lavoravo come infermiera caposala, ma dopo il crollo del muro di Berlino è iniziato il declino. Non avevamo neanche da mangiare, così nel 1999 sono partita per cercare fortuna altrove. Quando sono arrivata in Italia è stato difficilissimo, poi ho trovato un lavoro. Dopo un po’ di tempo sono tornata nel mio Paese per andare a trovare mia madre. Nella sua casa c’era un gatto che saliva sempre sul seno che mi doleva, un comportamento che mi ha spinto a fare accertamenti. Le mie bimbe erano appena arrivate e io ero da sola, è stato tremendo. Da dove vengo la parola “tumore” è una sentenza di morte.