Al momento di fare l’agoaspirato mi avevano detto che non ci sarebbe stata anestesia, mi sono spaventata e non ho fatto l’esame. Poi mi sono fatta coraggio e sono andata in un altro ospedale dove sono stata trattata in modo più umano, anche se il risultato mi è stato dato in modo brusco. Ho comprato una parrucca con i capelli rossi lisci e scalati, volevo giocare e affrontare con naturalezza quella brutta esperienza. Purtroppo ho una recidiva, con metastasi alle ossa, alla colonna vertebrale e al fegato: dovrò ricominciare le cure da capo. Vi sembrerà strano, ma ora apprezzo di più la vita.
KATIA - 54 anni, diagnosi a 42
Facevo in modo che tutto andasse bene, senza imperfezioni, evitando, a volte, di esprimere il mio pensiero per non creare dissapori. Seguivo uno stile di vita e un’alimentazione sani. Il medico mi ha chiamato nel suo studio per consegnarmi gli esiti di persona: “cancro”. Ho sentito la paura e la sensazione che il tempo stesse fuggendo via. Qualche volta ho avuto voglia di mollare tutto e farmi trascinare dalla corrente, ma poi ho trovato tre rami molto robusti a cui aggrapparmi: mio marito e le mie figlie.
STEFANIA - 55 anni, diagnosi a 53
Sono moldava e per metà ebrea. Nel mio Paese lavoravo come infermiera caposala, ma dopo il crollo del muro di Berlino è iniziato il declino. Non avevamo neanche da mangiare, così nel 1999 sono partita per cercare fortuna altrove. Quando sono arrivata in Italia è stato difficilissimo, poi ho trovato un lavoro. Dopo un po’ di tempo sono tornata nel mio Paese per andare a trovare mia madre. Nella sua casa c’era un gatto che saliva sempre sul seno che mi doleva, un comportamento che mi ha spinto a fare accertamenti. Le mie bimbe erano appena arrivate e io ero da sola, è stato tremendo. Da dove vengo la parola “tumore” è una sentenza di morte.
LARISA - 52 anni, diagnosi a 39
Al settimo mese di gravidanza mi sono accorta di avere un nodulo e un controllo ha evidenziato che si trattava di un tumore. Non avevo tempo da perdere, in quel periodo vivevo in Sardegna e volevo tornare a Milano per ulteriori accertamenti, ma c’era il rischio che non mi facessero salire in aereo. Alla 35esima settimana mi hanno fatto partorire per iniziare le cure, ero molto preoccupata per mio figlio, ma per fortuna era già grandino e quando è nato stava bene. Mi è dispiaciuto molto non poterlo allattare. Non ho avuto modo di realizzare quanto è successo, la mia vita è scandita dai ritmi del mio bimbo. È una gioia che mi riempie la vita e che non mi dà il tempo di pensare ad altro.
BEATRICE - 29 anni, diagnosi a 29
Sono nata e cresciuta ad Aosta e per l’università mi sono trasferita a Torino, dove vivo, ma le Alpi sono ancora la mia casa. Fatico ad accettare che sia successo proprio a me: non avevo familiarità, non ero sovrappeso, facevo attività fisica, ero attenta all’alimentazione e non ero nella fascia di età a rischio. Il medico della mutua non voleva neanche prescrivermi la mammografia, così sono andata privatamente. Ho imparato a ringraziare per le piccole cose e non parlo del cancro con rabbia.
ELENA - 43 anni, diagnosi a 38
A mia madre non ho detto nulla, sono andata a trovarla in Calabria prima di iniziare la chemioterapia. Mia figlia mi è stata vicino ventiquattro ore al giorno, mi sentivo in colpa, non volevo darle questo peso. Mio marito, che pensavo fragile, si è rivelato un sostegno fondamentale. Il futuro è oggi e ho deciso di non privarmi di quello che mi fa stare bene, un caffè con un’amica, un viaggio. Sono stata così vicina alla morte che mi sono sentita rinascere.
NATALINA - 50 anni, diagnosi a 46
Ero una mamma immersa nel lavoro, sempre di corsa e sempre pronta a risolvere mille problemi, i miei e quelli di chi mi stava attorno. Ero spesso nervosa e poco sorridente... fino al giorno, in cui il medico mi ha diagnosticato un carcinoma maligno al seno destro. Quello stesso seno che un tempo aveva nutrito i miei figli adesso mi tradiva. Intervento, radioterapia e la sensazione di precipitare in un baratro. Sono caduta per mesi in una profonda depressione. Poi ho chiesto aiuto a una psicologa e alla fine ho capito che sono stata fortunata.
STEFANIA P. - 47 anni, diagnosi a 47
Lavoro come medico anestesista, guarda caso nel reparto di oncologia. Facevo la mammografia tutti gli anni. Una notte ho fatto un sogno che mi suggeriva di controllare un punto preciso del seno destro - so che tutto ciò è poco scientifico -, ma è andata proprio così. Al risveglio ho ispezionato quel punto e, in effetti, c’era una piccola massa dura. Avevo già tre linfonodi metastatici. Da quel momento la mia vita non è più stata la stessa e neppure io. Non sono riuscita a reagire e mi sono nascosta dietro un muro di cemento che nemmeno ora sono in grado di sfondare. Tutti mi credono forte ma non lo sono e non so come dirlo. Continuo il mio lavoro in ospedale, aiuto gli altri ma non riesco ad aiutare me stessa.
GRAZIELLA - 59 anni, diagnosi a 52
So che incontrerò sciamani, guaritori, preti, guru e stregoni, ma che la mia anima sarà sempre sospesa. Tutti mi diranno “ti capisco”, ma so che se non ci sono passati non possono capire. Sono qui consapevole che niente sarà più come prima, perché tutto sarà più bello di prima. Oggi posso andare per mano con la paura, posso decidere di cambiare perché la malattia è venuta a dirmi che qualcosa non andava per il verso giusto. Così ho imparato a prendermi cura della mia anima e a nutrirla in mille modi. Ho compreso che anche la frazione di un secondo è un dono sacro. Davanti a me vedo un futuro lunghissimo.
GIANNA – 50 anni, diagnosi a 47
Mi hanno detto che non c’era nulla di preoccupante fino a quando un giorno il braccio ha iniziato a farmi male e i controlli hanno evidenziato una massa importante. Per fortuna sono riuscita a fare la conservazione degli ovuli. Sono laureata in fisica e sto facendo un dottorato in scienze dei materiali, per ironia della sorte studio proprio quelli che possono essere utilizzati per la diagnostica e il trattamento dei tumori. Allo specchio non mi riconosco, prima della cura avevo i capelli lunghissimi. Ho capito che per guarire devo volermi bene. Non ho ancora pianto, ma mi aspetto che prima o poi accada.