Le storie

Gianna

50 anni, diagnosi a 47

In una giornata “qualunque” con un sole “qualunque”, mi sono sentita dire “tumore”.
Una parola che travolge, impaurisce, lascia ammutoliti. So che incontrerò sciamani, guaritori, preti, guru e stregoni, ma che la mia anima sarà sempre sospesa. Tutti mi diranno “ti capisco”, ma so che se non ci sono passati non possono capire. In quell’attimo ho pensato a mio figlio e ho temuto di non vederlo crescere, al mio compagno e mi sono chiesta come avrebbe fatto senza di me e io senza di lui.
Ho pensato alla mia mamma e mi è venuta la paura di darle il più grande dei dolori. In quel momento mi sono sentita letteralmente morire, ma subito dopo ho avvertito forte il bisogno di rinascere, affrontando una cosa alla volta. Sono qui consapevole che niente sarà più come prima, perché tutto sarà più bello di prima.

Oggi posso andare per mano con la paura, posso decidere di cambiare perché la malattia è venuta a dirmi che qualcosa non andava per il verso giusto. Così ho imparato a prendermi cura della mia anima e a nutrirla in mille modi, anche attraverso il cibo. Non ci sono più giorni “qualunque” e un sole “qualunque”. Ho compreso che anche la frazione di un secondo è un dono sacro. Davanti a me vedo un futuro lunghissimo.


Client:
Date: Aprile 20, 2018
Service: